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martedì 21 agosto 2007

El Anatsui



L'artista africano (è nato in Ghana e vive in Nigeria) El Anatsui si sta imponendo all'attenzione internazionale come una delle vere rivelazioni di questa 52° Biennale di Venezia. Presente in Laguna, nella mostra Pensa con i sensi - senti con la mente. L'arte del presente, con i suoi arazzi fatti con materiali di recupero, l'artista ha dimostrato come si può riprendere la più genuina tradizione africana, coniugandola alla modernità dei materiali e delle tecniche.





E. Anatsui, Congress of elders (part.). 2007.


L'originalità dei suoi arazzi composti da lattine di alluminio, creta, tessuto, legno e altri materiali di recupero ne ha fatto il più stimato scultore africano vivente e il principale artista africano della sua generazione.






Oggetti concreti e al tempo stesso improbabili. Una coperta di lattine di alluminio, una borsina "usa e getta" in formato gigante realizzata in metallo, una roccia composta da rifiuti, un muro in tronchi di legno...






La realtà si trasforma sotto le mani di El Anatsui e grazie alle sue opere possiamo guardarne gli elementi in modo nuovo, trasformati dal gioco di materiali dell'artista.






Le sue trame realizzate con materiali riciclati sono al tempo stesso oggetti poveri e preziosi grazie alla ricchezza della loro tecnica esecutiva. Le opere di El Anatsui richiamano, quindi, le necessità di un'Africa che deve obbligatoriamente inventare sé stessa, rinnovando ciò che esiste già, non buttando via nulla.






Quello del riciclo è un tema particolarmente caro agli artisti africani d'oggi. Il rispetto per l'ambiente e il recupero dei rifiuti ha assunto un'enorme valore nella ricerca creativa di altri personaggi, quali Pascale Marthine Tayou o Kay Hassan.






El Anatsui è rappresentato dalla galleria d'arte londinese The October Gallery (http://www.octobergallery.com/), ma in Italia è trattato anche da Spazio Rossana Orlandi (http://www.rossanaorlandi.com/) a Milano.






Sito ufficiale dell'artista: http://www.elanatsui.com/.

venerdì 17 agosto 2007

Elizabeth Murray e l'eredità di Keith Haring


C'è tutta la dirompente creatività del grande pop artist americano Keith Haring negli ultimi lavori di Elizabeth Murray: i suoi colori fluo, le sue forme ironiche e divertenti da fumetto, la sua figurazione ai limiti dell'astratto.

La Murray, nata a Chicago nel 1940 e morta pochi giorni fa (il 12 agosto) nella sua casa di Manhattan, era fra gli artisti più interessanti della nuova scena newyorkese. L'influenza del grande Keith Haring nel suo lavoro è fortissima: basta osservare, ad esempio, Morning is breaking, una delle due opere realizzate nel 2006 (insieme a The new world) esposte oggi alla 52° Biennale di Venezia, nella sezione Pensa con i sensi - senti con la mente. L'arte del presente. Si tratta di due oli su tela montati su supporti in legno sagomato che, già al primo sguardo, sanno immediatamente, indubbiamente di pop art.
E. Murray, Morning is breaking, olio su tela montato su legno, 2006.


L'americana Murray ha preso come ispirazione per le sue opere il mondo dei cartoon, la fantasia di Walt Disney, la magia di oggetti, persone e animali che assumono forme, colori e posizioni insolite, come in una vignetta. In questo mondo della fantasia traduce i temi della vita domestica, delle relazioni umane, le questioni dell'umanità.


Nella sua carriera è stata anche autrice di numerosi murales, come quelli creati sulle pareti della subway di New York, nelle stazioni di Lexington Avenue e 59th Street.


Molto nota nell'ambiente artistico statunitense (lo scorso anno il MOMA le ha dedicato un'importante retrospettiva) Elizabeth Murray non ha ancora raggiunto una forte notorietà in Europa e in Italia, ma c'è da contare sul fatto che la presenza alla Biennale di quest'anno - nonché la sua recente scomparsa - attireranno l'attenzione sulla sua produzione creativa facendo salire le sue quotazioni.


L'artista era rappresentata dalla galleria d'arte di New York Pace Wildenstein (http://www.pacewildenstein.com/), ma diverse sue opere sono presenti anche Derriere l'Etoile Studios, sempre nella Grande Mela, e alla Gemini G.E.L. di Los Angeles (http://www.geminigel.com/). E' da prevedere un'imminente sbarco nel mercato d'arte europeo.

Africa naïf

Chéri Samba, Le marché de l'art, olio su tela. Se n'è accorta anche la Biennale di Venezia: l'arte contemporanea africana è un fenomeno in fortissima ascesa che conquista sempre più interesse. Così, la 52° edizione della manifestazione d'arte dei giorni nostri più famosa al mondo (attualmente in corso) ha dedicato, con un interessante progetto sperimentale voluto dal curatore Robert Storr, un intero padiglione all'Africa, allo scopo di portare gli artisti più rappresentativi di questo continente sulla scena internazionale.



I segnali verso un interesse per la produzione artistica proveniente da quest'area geografica, a dire il vero, non sono una novità della Biennale. Importanti input vengono da altre entità culturali internazionali: già in Inghilterra e in Germania ci si è accorti da tempo del valore dell'arte africana. Ma lo spazio concesso dalla rassegna veneziana è una conferma di grandissima importanza.



Le modalità con cui la Biennale ha creato il suo "spazio Africa" sembrano già un simbolo della difficoltà di crescita e della voglia di riscatto del grande continente e sono, forse, il modo migliore per esporre questi artisti che parlano delle contraddizioni e della difficile situazione - ma non priva di speranza - del loro territorio. Storr ha promosso un concorso per la progettazione di uno spazio espositivo autofinanziato rappresentativo della situazione attuale - artistica e umana - dell'Africa. E' stato scelto il progetto di Fernando Alvim e Simon Njami, che hanno portato a Venezia i quadri della Sindika Dokolo African Collection of Contemporary Art (http://www.sindikadokolofoundation.org/) di Luanda (Angola).



I riconoscimenti della Laguna alla creatività africana, in questa edizione 2007, non si fermano però qui. Il Leone d'Oro alla carriera è stato assegnato, per la prima volta, ad un africano: Malick Sibidé, pittore e musicista proveniente dal Mali. Si tratta anche in questo caso di una conferma del fatto che l'arte del Continente Nero va assolutamente tenuta in grande considerazione.



La crescita di questi artisti sul piano internazionale è, infatti, impressionante. L'Europa, negli ultimi anni, ha ospitato numerosissime mostre dedicate a questo filone creativo. E proprio in Europa, più precisamente a Ginevra, si trova la più grande collezione esistente al mondo di opere d'arte contemporanee di artisti africani: la Contemporary African Art Collection (http://www.caacart.com/).



Creata 15 anni fa dal collezionista italiano Jean Pigozzi e curata da André Magnin, la CAAC comprende alcune migliaia di pezzi ed è un nucleo attivo nella promozione dell'arte africana contemporanea, attraverso la produzione di mostre, eventi e pubblicazioni.



Il più grande successo realizzato, fino a questo momento, dalla CAAC è senza dubbio l'esposizione "Popular Painting" from Kinshasa, in corso al quinto piano della Tate Modern di Londra (http://www.tate.org.uk/modern/) dal 28 marzo 2007 al 1° marzo 2008. Espongono qui cinque artisti della cosiddetta School of Popular Painting, il movimento pittorico costituito alla metà degli anni Settanta dal pittore nato in Congo nel 1956 Chéri Samba - uno dei principali esponenti della pittura africana - a cui si sono aggiunti Moke (1950-2001), Chéri Chérin (n. 1955), Bodo (n. 1953) e Cheik Ledy (1962-1997), fratello minore di Chéri Samba.



La mostra attualmente visibile nelle sale progettate da Herzog&De Meuron, e che fa parte della grande esposizione UBS Openings: Tate Modern Collection, è la prima rassegna dedicata ad artisti che sono nati e che lavorano in Africa e che, quindi, ne rappresentano lo spirito più intimo e incontaminato. Questo evento sta portando alla ribalta Chéri Samba, Chéri Chérin e colleghi e ne sta facendo salire alle stelle le quotazioni sul mercato.



Un esempio per tutti. Negli ultimi sei anni le sue stime sul mercato si sono quintuplicate e oggi i suoi dipinti su carta valgono almeno 2.000 euro, quelli su tela dai 6.000 (piccolo formato) o 10.000 euro in su (medio formato). Le opere migliori raggiungono prezzi almeno tre volte più alti. Il top lot personale di Chéri Samba è stato raggiunto alla casa d'aste Calmels Cohen di Parigi il 9 giugno 2005: si tratta del quadro L'espoir fait vivre, venduto per circa 47.000 dollari. Aprés le 11 Septembre, 2001 è stato, invece, acquistato per 35.000 dollari. Le sue opere sono reperibili presso la galleria che lo rappresenta, la Peter Herrmann di Berlino (http://galerie-herrmann.com/).



Ed è in arrivo un altro grande evento di portata internazionale destinato ad accendere i riflettori sugli artisti contemporanei provenienti dal Continente Nero, proposti dalla collezione Pigozzi. Dal 6 ottobre fino al 3 febbraio al Lingotto di Torino si terrà la mostra Why Africa?, negli spazi della Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli.



Ma quali sono le peculiarità contenutistiche e stilistiche di questa classe pittorica che, dopo Gran Bretagna e Germania, sta conquistando anche l'Italia? E' un'Africa corrotta, povera, violenta quella rappresentata dai nuovi artisti africani, un continente pieno di contraddizioni, ma che non rinuncia alla sua allegria e alla sua fantasia. Si crea, così, un duplice piano nei quadri di Samba, Chérin, Ledy, ecc.: i soggetti parlano, molto spesso, di situazioni drammatiche, di sanguinosi fatti di cronaca e soprattutto di spregevoli situazioni politiche costruite dall'ingiustizia, dalla corruzione e dalla violenza. Tutto questo, però, invece che con toni cupi e pessimisti, è dipinto con tinte solari e brillanti, con le linee semplici e le forme "ingenue" tipiche della pittura naïf. Non c'è modo migliore per esprimere figurativamente ciò che è oggi l'Africa: la sua situazione politica e lo spirito innato della sua popolazione.



I quadri della School of Popular Painting trattano di povertà, fame, malattie, AIDS, costumi popolari, ingiustizia, differenze sociali, incidenza dei media, cronaca nera. E, naturalmente, tanta politica, trattata con i toni ironici e provocatori della semplicità naïf.



La situazione politica è il tema prediletto di Chéri Chérin (vero nome Joseph Kinkonda), che vive e lavora nel quartiere Ndjili a Kinshasa. L'impronta della cultura popolare dei suoi quadri viene dai suoi lavori giovanili per manifesti e murales, che realizzava nella sua città natale mentre frequentava l'Academie des Beaux Arts di Kinshasa.



Ma c'è anche il mercato dell'arte - che pure li ha resi celebri - nelle mire di questi artisti. Chéri Samba, ad esempio nel dipinto Le marché de l'art, non risparmia critiche a quel meccanismo economico spesso velato di puro cinismo e opportunismo, capace di creare illusioni e trasformare un pittore in una sorta di star.



E star, o quasi, possono ormai considerarsi Chèri Samba, Chéri Chérin, Moke, Bodo e Cheik Ledy, grazie all'azione di collezionisti e curatori che hanno compreso il valore del loro messaggio e la potenza espressiva del loro linguaggio pittorico. Ma la CAAC di Jean Pigozzi ha ancora in serbo numerosi prodotti made in Africa di grande interesse, che possono salire la scala del mercato nei prossimi tempi.



George Lilanga (Tanzania) crea nelle due e nelle tre dimensioni le sue figurine dipinte con colori shoking, così buffe e grottesche nella loro connotazione moderna. Zinsou presenta una pittura "infantile" che lo somigliare ad una sorta di Basquiat, mentre i grassi personaggi del keniota Richard Onyango richiamano quelli di Fernando Botero.



Ma c'è spazio anche per i sentimenti più tradizionali nella nuova pittura africana. L'etiope Gedewon dipinge talismani con figure e poesie, mentre la sudafricana Esther Mahlangu realizza composizioni geometriche dai colori brillanti e dalle forme tipicamente tradizionali.



Figure ironiche e naïf popolano anche il settore scultoreo. Tra gli esponenti principali ci sono John Goba, Emile Guebehi e Nicolas Damas. Le statuette mobile di Efiaimbelo sembrano souvenirs, mentre Bodys Isek Kingelez realizza modelli con carta, cartone e plastica e Titos Mabota utilizza materiali di recupero.



Infine, un certo rilievo, quantomeno come testimonianza dello spirito africano, è da attribuire anche alla fotografia del Continente Nero. Depara, Malick Sibide e Sydou Keita con i loro scatti rétro in bianco e nero restano di particolare interesse.






giovedì 16 agosto 2007

Amy Adler: neopop


Fra le giovani pittrici più quotate sul mercato internazionale c'è sicuramente Amy Adler. Artista favorita da cantanti, attori e altri personaggi del jet-set d'oltreoceano, la Adler è specializzata in ritratti che esegue con una tecnica particolare: prima ritrae i suoi soggetti con pastelli colorati su fondo scuro. Poi il disegno viene fotografato e, quindi, eliminato. L'opera di Amy Adler consiste, infine, in un cibachrome del disegno iniziale.


A. Adler, Different Girl, cibachrome, 2000-2001.
Con questa tecnica l'artista riesce a dare un'impronta più contemporanea e patinata alle sue immagini che, spesso, si rifanno alle pose e alle espressioni tipiche del mondo della pubblicità. La Adler, infatti, ha iniziato prendendo spunto per i suoi disegni proprio dalle immagini che la circondavano: cartelloni pubblicitari, locandine di film, riviste, videoclip, copertine di CD; tutti i simboli figurativi, insomma, dell'epoca moderna. Nel suo carnet ci sono ritratti di Jodie Foster, Anna Kournikova, Angelina Jolie, Britney Spears e la serie dedicata alla star del cinema Leonardo Di Caprio, con cui ha prodotto una mostra che l'ha resa celebre in tutto il mondo.


Più recentemente, la sua pittura si è fatta più introspettiva, i suoi soggetti più intimi e delicati e la Adler ha prediletto il semplice disegno a pastello su tela. Si affida spesso alla delicatezza del tono su tono, sperimentando colori tenui e leggeri come nella serie dedicata alla cantante Amy Cook (2006) o più brillanti come nella serie The Rainbow Hour (2005-06). Ma il suo lavoro ha vissuto anche una fase più trasgressiva con i dipinti della serie Virgin Suicide, esposti nel 2004 alla Taka Ishii Gallery di Tokyo.


Americana nata a New York nel 1966, Amy Adler oggi vive e lavora principalmente a Los Angeles, mentre a San Diego, all'Università della California, occupa la cattedra di professore associato di Arti Visive.


La sua carriera artistica è tutta in ascesa. Dal 1998 - anno in cui si è imposta all'attenzione della critica e del mercato grazie alla mostra Focus Series: Amy Adler ospitata dal Museum of Contemporary Art di Los Angeles - le sue quotazioni non hanno smesso di salire, grazie alle numerose collettive a cui ha partecipato in gallerie di tutto il mondo, nonché alle personali che le sono state dedicate a New York, Los Angeles, Berlino, Londra, Milano, Atene e Tokyo.


La Adler è sbarcata in Italia e ha iniziato a conquistare numerosi consensi nel nostro paese a partire dal 2001, quando la No Limits Gallery di Milano ha proposto al pubblico italiano le Different Girls di un'ormai famosa serie di cibachrome in cui la disegnatrice americana ha fermato le immagini di ragazze "copiate" da annunci pubblicitari, sequenze cinematografiche, immegini televisive, booklet di CD.


La sua fama in Italia è, poi, decollata grazie alla mostra curata dal celebre critico Jeffrey Deitch al Castello di Rivoli (Torino) dal titolo Form Follows Fiction. Allora le sue opere arrivavano a costare intorno ai 15.000 euro, ma grazie a questi e ad altri importanti trampolini di lancio le quotazioni della Adler si sono moltiplicate più volte.


Negli ultimi due anni i ritratti dell'artista americana sono stati esposti al Museum of Contemporary Art di San Diego e al The Aspen Art Museum.


In Italia l'artista è trattata dalla galleria d'arte di Massimo De Carlo a Milano (http://massimodecarlo.it/). Nel resto del mondo sue gallerie di riferimento sono la Acme di Los Angeles (http://www.acmelosangeles.com/), la Taka Ishii di Tokyo (http://www.takaishiigallery.com/) e la Galerie c/o Atle Gerhardsen di Berlino (http://www.atlegerhardsen.com/).


Sito web ufficiale: http://www.amyadler.com/.



giovedì 9 agosto 2007

Il Sacro Secondo Enzo Cucchi



I giovani artisti che nella seconda metà degli anni Settanta il grande critico Achille Bonito Oliva raccolse attorno a sé, creando un movimento artistico che etichettò Transavanguardia, sono oggi star del mercato dell'arte, confermando, così, le buone previsioni del loro mecenate.




E. Cucchi, Quadro santo, olio su tela, 1980.
Facevano parte di quel gruppo grandi nomi dell'arte italiana: Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Nicola De Maria, Mimmo Paladino. Tutti impegnati ad esprimere pittoricamente il loro disagio di uomini dell'epoca contemporanea e la loro ricerca di una dimensione ulteriore come resistenza al presente.



Nel cerchio di questi artisti che recuperano il sapore della manualità, il manierismo e l'eclettismo dello stile, il gusto della citazione e l'amore per il recupero di ciò che è passato (quasi ad evidenziare una pessimistica negazione di un possibile futuro, in contrapposizione, quindi, all'altra dimensione artistica di cui hanno trasfigurato il nome: quella delle Avanguardie storiche) emerge la figura di Enzo Cucchi, ancora oggi il maestro più richiesto di quel movimento.




Cucchi si fa interprete di un discorso pittorico inquieto e tormentato, sempre alla ricerca di qualcosa: il sacro e la religione in una prima fase corrispondente agli Anni Ottanta, la ricerca concettuale del senso della pittura nella fase più recente. Ma, in accordo con il pessimismo tipico della corrente di cui fa parte, la sua pare una ricerca destinata a rimanere senza risultato, le domande restano senza risposte.




E, così, aumenta l'inquietudine dell'artista, che traspone visivamente i suoi sentimenti in tocchi energici, pennellate vibranti di colori shock, presenze figurative inquietanti che si muovono in paesaggi solitari e desolanti. Una pittura che guarda con insistenza all'Espressionismo e talvolta ai Fauves. La spiritualità descritta da Cucchi sembra più un incubo, piuttosto che un rifugio o una certezza.




Pittore riconosciuto come maestro dalle istituzioni ai vertici dell'arte contemporanea di tutto il mondo, Enzo Cucchi ha esposto le sue opere nei maggiori spazi museali internazionali, dal MOMA e dal Guggenheim di New York al Centre Pompidou di Parigi, ed è stato protagonista di numerose personali. L'ultima gli è dedicata dal Museo Correr di Venezia, che ospita fino al 7 ottobre la sua grande mostra monografica nell'Ala Napoleonica (http://www.museiciviciveneziani.it/).




La mostra veneziana spingerà ancora più in alto le già elevatissime quotazioni dell'artista marchigiano, che rappresenta l'esponente più quotato della Transavanguardia. I suoi quadri a olio di piccolo formato (cm 20x30) si aggirano intorno ai 45.000 euro. Quelli più grandi vengono venduti a tre volte tanto. Ma le opere di Cucchi hanno raggiunto, in asta, anche prezzi molto più alti. Il suo top lot, Quadro santo (1980), personale è stato battuto da Chriestie's London nel giugno 2006 per 1.051.851 dollari.




Gallerie di riferimento: Emilio Mazzoli di Modena (http://www.galleriamazzoli.com/) e Vecchiato New Art Galleries di Padova (http://www.vecchiatoarte.it/).




I Paesaggi di Cemento di Petrus

C'era anche lui fra gli artisti in mostra nell'ultima, discussa, esibizione curata da Vittorio Sgarbi Arte Italiana. 1968-2007. Pittura (Milano, Palazzo Reale, fino all'11 novembre). Uno fra gli artisti di nuova generazione più apprezzati ed in crescita vertiginosa del panorama italiano, Marco Petrus da anni concentra la sua ricerca pittorica sulle visioni architettoniche urbane. Un tema che interpreta con rigore minimalista, fatto di estrema pulizia del segno, campiture di colori puri e irreali, punti di vista scorciati che creano immagini dal sapore potentemente costruttivista. Si potrebbe pensare ad una fotografia di Rodcenko - magari alla celeberrima Scale del 1930 - guardando una delle sue opere, soprattutto quelle di qualche anno fa, come quelle arrivate in finale al Premio Cairo 2001.




M. Petrus, Good Morning Shanghai, olio su tela, 2007.




Con il loro equilibrio formale, i quadri di Petrus hanno conquistato la critica e si sono guadagnati un posto d'onore nell'ambito della giovane figurazione italiana. Oggi Petrus è una celebrità, una garanzia sul mercato. Tanto che ha trovato uno spazio di rilievo anche fra gli eventi in occasione della 52° Biennale di Venezia.






Forme architettoniche ridotte a segno puro, immortalate da angolazioni ricercate che ne sottolineano l'impatto visivo, si muovono grazie al gioco di chiaroscuri, alle luci e ombre generate anche dall'uso semantico del colore: un cromatismo forte, deciso, che dà ad ogni quadro di Petrus una grande potenza espressiva.





Architetture ridotte ai minimi termini dagli scorci esasperati ed improbabili, punti di vista ribassati, eliminazione di ogni realismo grazie all'uso del colore, assenza dell'uomo e di qualsiasi altra forma di vita. Le forme razionali e costruttiviste di Petrus assumono, così, un carattere solitario e riflessivo, una dimensione metafisica, come suggerisce il titolo tipicamente surrealista della personale di Petrus in corso a Venezia: Ceci n'est pas une exposition (Venezia, Giardini della Biennale, Spazio Paradiso, fino al 21 novembre).





Nato in Romagna nel 1960 e trasferitosi ancora in giovane età a Milano, dove vive e lavora tuttora, è proprio la città lombarda a diventare la prima musa di Marco Petrus, con i suoi spazi urbani moderni, imponenti - a volte sovrastanti - che inizia a ripensare in chiave pittorica. Anche negli anni successivi, le città sono sempre le protagoniste assolute.






"Le mie opere nascono dalla visione della città... - dice l'artista - Io l'ho sempre considerata come una grande aula di un'accademia, per cui gli edifici diventano miei modelli. Prima ho lavorato molto su Milano, vivendoci... e poi le città che mi hanno influenzato più che altro sono quelle che ho visitato. In ogni città ritrovo qualcosa che mi consente di far pittura".






Il mondo dell'arte si accorge presto del suo talento. La prima personale Petrus la tiene nel 1991 alla Galleria Noa di Milano. Da questo momento in poi è richiestissimo ed ottiene numerose personali e premi.





Alla fine degli anni Novanta è fra i quattro componenti di Officina Milanese, gruppo nato attorno al critico Alessandro Riva, di cui fanno parte, oltre al pittore romagnolo, anche Giovanni Frangi, Luca Pignatelli e Velasco. Qualche anno dopo Riva coinvolge i suoi pupilli in un nuovo e vincente progetto artistico: Italian Factory (http://www.italianfactory.biz/) un'iniziativa nata allo scopo di promuovere i nomi emergenti dell'arte italiana, e che rappresenterà una svolta per la carriera di questi giovani artisti. Immediatamente le loro quotazioni salgono sorprendentemente e nel 2003 i quadri di Petrus triplicano le stime, raggiungendo i 10.000-12.000 euro. Da qui in poi l'ascesa sarà inarrestabile.




Dopo il 2003, anche il 2007 si sta delineando come un anno d'oro per l'attività di Marco Petrus. Oltre alla mostra di Venezia, l'artista ha in attivo una partecipazione alle collettive asiatiche Italiana allo Shanghai Art Museum e The New Italian Art Scene al Taipei Fine Arts Museum, eventi che stanno spingendo ancora più in alto le sue quotazioni...
M. Petrus, Senza titolo, olio su tela, 2001.

sabato 4 agosto 2007

Cindy Sherman: la ricerca di una donna

Essere ogni giorno una donna diversa. Vestire i panni - nel vero senso della parola - e le maschere degli stereotipi della società contemporanea o delle persone più comuni. Cambiare personalità costruendo, con abbigliamento, make-up e parrucche, una serie infinita di personaggi differenti. E' questa la sostanza del lavoro di Cindy Sherman, fotografa americana classe 1954, alla quale ora la collana Supercontemporanea della casa editrice Electa dedica una ricca monografia: ultima testimonianza in ordine temporale di una sensibilità artistica che ha conquistato i più prestigiosi spazi museali, il cuore della critica e i vertici del mercato artistico.
Mille identità bloccate in scatti fotografici ricchi di ironia e non di rado trasgressivi, allo scopo di trovare una sola unica dimensione personale: quella propria dell'artista che, nella continua trasfigurazione della sua immagine attraverso i travestimenti più elaborati ed improbabili, non fa altro che cercare la sua identità.
Un "io" che pare sfuggire continuamente, scivolare tra gli innumerevoli personaggi che la Sherman, nelle sue serie di immagini ispirate a vari temi, decide di volta in volta di interpretare da attrice protagonista. Una fragile ragazza di provincia, l'attrice di un noir hollywoodiano, una graziosa giovane infermiera, una Sophia Loren, una Giuditta che regge la testa di Oloferne...Non c'è limite alla fantasia della Sherman, che la porta a calarsi anche nei panni di figure grottesche e di personaggi storici o mitologici. Ma anche dietro ai ritratti apparentemente più rassicuranti si può leggere un'ombra: l'inquietudine della ricerca di sé stessa.


Un principio creativo che si ripete sempre uguale fin dagli inizi della sua produzione e che unisce la tecnica della fotografia a quella della performance d'artista. Il processo creativo della fotografa americana, infatti, si compie in due momenti: il travestimento, curato in ogni dettaglio, che corrisponde al calarsi nella parte, nel personaggio prescelto è il primo passo. Quindi avviene la registrazione della nuova identità attraverso un autoscatto. E sotto ogni immagine si creano storie fatte di passati, presenti e futuri, desideri, sogni e incubi. E' questa routine, sempre uguale eppure sempre diversa, carica di intimismo e di concettualità, che ha fatto di Cindy Sherman una star del mercato internazionale.


Fu la galleria newyorkese Metro Pictures (http://www.metropicturesgallery.com/), che rimane tuttora la sua galleria di riferimento principale, a rivelare il talento della Sherman e ad attirare l'attenzione del mondo della fotografia artistica su di lei. Nata il 19 gennaio 1954 a Glen Ridge nello stato del New Jersey, Cindy Sherman ha studiato disegno, pittura e fotografia al Buffalo State College, per poi approdare definitivamente all'impegno totale nella fotografia.


L'attenzione del settore non ha tardato ad arrivare: la celebre serie di scatti intitolata The Complete Untitled Still Films, realizzata tra il 1977 e il 1980, l'ha immediatamente portata alla ribalta e le immagini che ne fanno parte rimangono tuttora i suoi lavori più richiesti, tanto che una di queste nel 1999 è stata venduta da Christie's per 190.000 dollari, quotazione record spinta dalla mostra-evento dedicata all'artista dal MOMA di New York. Dopo la produzione ispirata dagli stereotipi dei personaggi femminili offerti dal cinema (in tutti i suoi generi: dal B-Movie al noir, dalla commedia al film straniero) sono arrivate le serie dedicate ai Freaks (1984), agli History portraits (1988) e ai dummies di Sex (1989). Più recentemente la Sherman si è dedicata a reinterpretazioni di clowns e di donne californiane-tipo.


Non solo fotografia, ma anche regia cinematografica. La Sherman ha, infatti, girato nel 1997 il suo primo, e per ora unico, prodotto filmico: un cortometraggio al femminile di 28 minuti intitolato Office Killer con Jeanne Tripplehorn, Molly Ringwald e Carol Kane. La celebrità internazionale raggiunta dalle sue opere l'ha portata anche ad intraprendere collaborazioni eccellenti: "esaminatrice" degli stereotipi femminili prodotti dai media e dalla pubblicità, la fotografa è entrata a far parte direttamente del mondo dell'advertising quando, lo scorso anno, ha realizzato la campagna promozionale dello stilista Marc Jacobs.


A 53 anni Cindy Sherman è oggi una delle figure più richieste dell'art business, espone nelle più prestigiose gallerie d'arte e in importanti musei e rappresenta, probabilmente, la più apprezzata fotografa donna vivente. I prezzi delle sue opere migliori si aggirano generalmente fra i 20.000 e i 50.000 dollari.


In Italia la Sherman collabora assiduamente, fin dal 1988, con la galleria d'arte di Milano Studio Guenzani (http://www.studioguenzani.it/), che attualmente ospita la doppia personale della Sherman in coppia con Louise Lawler (fino al 15 settembre).

C. Sherman, Untitled #228, 1990.


Il sito personale dell'artista è http://www.cindysherman.com/.

martedì 31 luglio 2007

L'avanzata cinese


Dopo aver dato l'assalto all'economia globale conquistando i mercati di tutto il mondo, la Cina non poteva mancare di irrompere con la sua carica di novità anche nel mercato dell'arte. Semplice moda o qualità vera e propria? Le opinioni si scontrano. Ma ciò che è inconfutabile è che l'arte cinese, prima di tutto la pittura, è il nuovo orizzonte da conquistare per mercanti d'arte e collezionisti.




Yue Minjun, Le déjeneur sur l'herbe, olio su tela, 1995.


Come mostra un interessante servizio di Renato Diez sul numero di luglio della rivista Arte, la produzione artistica cinese sta vivendo un'ascesa vertiginosa: in soli due anni, dal 2004 al 2006, le quotazioni dell'arte made in Cina sono più che raddoppiate e la scalata non accenna a frenare.


Ironica e dissacratoria, testimonianza delle contraddizioni della modernità e della società che cambia, del mondo globalizzato e della comunicazione multimediale, la produzione cinese ha conquistato critici (primo fra tutti Achille Bonito Oliva), galleristi e collezionisti. Tutta rivolta al presente l'arte di questo paese osa, fa riflettere con grande originalità di linguaggi.


Pezzi da novanta sono certamente da considerare i malinconici e inquietanti ritratti in bianco e nero mossi da tocchi fragili di colore di Zhang Xiaogang o i sorrisi tirati, carichi di ipocrisia, delle figure di Yue Minjun, che interpreta in chiave dissacratoria i miti dell'arte e della civiltà (suo è il best seller assoluto della creatività cinese: The pope, battuto lo scorso giugno da Sotheby's per la cifra vertiginosa di 4.280.000 dollari). Ma fra i più quotati pittori provenienti dal paese della Grande Muraglia ci sono anche Fang Lijun, He Sen, Zao Wou-Ki.


Il boom cinese non si limita soltanto ai quadri. Anche se, certamente, è la pittura a farla da padrone, riscuotono enorme apprezzamento anche fotografia, scultura, videoart e performing art, che possono far battere cifre da record alle maggiori case d'aste del mondo. Ai fotografi e videoartisti Yang Fudong e Yang Zhenzhong si possono aggiungere i fotografi Sheng Qi e Jin Shan e gli scultori Chen Zhen e Zhan Wang.


La Biennale di Venezia non poteva non accorgersi del fenomeno in crescita e anche in questa 52° edizione le opere degli artisti della Repubblica Popolare emergono nella ricca offerta lagunare. Una fra tutte China Tracy, installazione multimediale di Cao Fei che esprime nel migliore dei modi la decisa tendenza dell'arte cinese a proiettarsi nelle espressioni più forti della modernità tecnologica e futuristica.


In Italia le gallerie d'arte di riferimento per l'arte cinese sono la Continua di San Gimignano ( http://www.galleriacontinua.com/) e la Marella di Milano (http://www.marellart.it/), che hanno sedi anche a Beijing, e la N. O. Gallery di Milano (http://www.nogallery.it/), dove si è da pochi giorni conclusa la collettiva di giovani artisti Occhio alla Cina.

domenica 22 luglio 2007

il Mercato dell'Arte in Italia

Il blog artemercato.blogspot.com nasce dall'idea di orientare appassionati e dilettanti all'interno del complesso e, a volte insidioso, settore del mercato dell'arte contemporanea e dall'intenzione di fornire indicazioni e suggerimenti a chi già abitualmente acquista opere d'arte per passione o per investimento ed è curioso di ricevere qualche idea in più sugli artisti e i filoni più interessanti, ma anche ai dilettanti che, muovendo i primi passi nell'ambiente del collezionismo e del commercio d'arte, desiderano farsi un'idea sulle tendenze più attuali, sugli autori più richiesti, sulle occasioni che meritano attenzione.
Nel ricco bacino composto da gallerie d'arte, case d'aste e privati si rischia, a volte, di perdersi... Le segnalazioni riportate periodicamente nel blog hanno proprio lo scopo di focalizzare l'attenzione sulle tendenze del momento, spinte anche dalle mode generate da mostre di richiamo, esposizioni internazionali, pubblicazioni e articoli sulla stampa specializzata.

Gli artisti solidamente affermati con i loro sicuri best seller, i campioni dell'arte d'oggi e le correnti up to date, gli emergenti più promettenti che saranno i most wanted del prossimo futuro... E, naturalmente, i focus sulle gallerie e sulle case d'aste che presentano le proposte più interessanti

artemercato.blogspot.com vuole essere un servizio utile e stimolante per gli amanti dell'arte, in continuo aggiornamento, ricco di recensioni, opinioni, suggerimenti e indicazioni. Per questo i contributi dei lettori possono diventare una preziosa sorgente per arricchire il blog di punti di vista e informazioni.